Messalino di Domenica 9 Aprile
Dal libro del profeta Isaia (50,4-7)
Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia indirizzare una parola allo sfiduciato. Ogni mattina fa attento il mio orecchio perché io ascolti come i discepoli. Il Signore Dio mi ha aperto l’orecchio e io non ho opposto resistenza, non mi sono tirato indietro.
Ho presentato il mio dorso ai flagellatori, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi.
Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso.
* Davanti agli insulti e umiliazioni il Servo sofferente rimane con la «faccia dura come pietra»: egli è risoluto e fermo nell’obbedienza, nel suo sì a Dio, sicuro di non restare confuso.
Salmo Responsoriale (dal Sal 21)
Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
Si fanno beffe di me quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
«Si rivolga al Signore; lui lo liberi,
lo porti in salvo, se davvero lo ama!».
Un branco di cani mi circonda,
mi accerchia una banda di malfattori;
hanno scavato le mie mani e i miei piedi.
Posso contare tutte le mie ossa.
Si dividono le mie vesti,
sulla mia tunica gettano la sorte.
Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, vieni presto in mio aiuto.
Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all’assemblea.
Lodate il Signore, voi suoi fedeli,
gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe,
lo tema tutta la discendenza d’Israele.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi (2,6-11)
Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio
l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome,
perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami:
«Gesù Cristo è Signore!»,
a gloria di Dio Padre.
* La risalita trionfale di Gesù comincia dal punto zero della lavanda dei piedi ai discepoli e dalla croce. L’iniziativa è del Padre che ha «sopra-esaltato» il Figlio risuscitandolo.
Canto al Vangelo (Fil 2,8-9)
Lode e onore a te, Signore Gesù! Per noi Cristo si è fatto obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome. Lode e onore a te, Signore Gesù!
Passione di n. Signore Gesù Cristo secondo Matteo (forma breve: 27,11-54)
In quel tempo Gesù comparve davanti al governatore, e il governatore lo interrogò dicendo: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Tu lo dici». E mentre i capi dei sacerdoti e gli anziani lo accusavano, non rispose nulla.
Allora Pilato gli disse: «Non senti quante testimonianze portano contro di te?». Ma non gli rispose neanche una parola, tanto che il governatore rimase assai stupito. A ogni festa, il governatore era solito rimettere in libertà per la folla un carcerato, a loro scelta. In quel momento avevano un carcerato famoso, di nome Barabba. Perciò, alla gente che si era radunata, Pilato disse: «Chi volete che io rimetta in libertà per voi: Barabba o Gesù, chiamato Cristo?». Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia.
Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: «Non avere a che fare con quel giusto, perché oggi, in sogno, sono stata molto turbata per causa sua». Ma i capi dei sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a chiedere Barabba e a far morire Gesù. Allora il governatore domandò loro: «Di questi due, chi volete che io rimetta in libertà per voi?». Quelli risposero: «Barabba!». Chiese loro Pilato: «Ma allora, che farò di Gesù, chiamato Cristo?». Tutti risposero: «Sia crocifisso!». Ed egli disse: «Ma che male ha fatto?». Essi allora gridavano più forte: «Sia crocifisso!».
Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto aumentava, prese dell’acqua e si lavò le mani davanti alla folla, dicendo: «Non sono responsabile di questo sangue. Pensateci voi!». E tutto il popolo rispose: «Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli». Allora rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.
Allora i soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio e gli radunarono attorno tutta la truppa. Lo spogliarono, gli fecero indossare un mantello scarlatto, intrecciarono una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero una canna nella mano destra. Poi, inginocchiandosi davanti a lui, lo deridevano: «Salve, re dei Giudei!». Sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna e lo percuotevano sul capo. Dopo averlo deriso, lo spogliarono del mantello e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero via per crocifiggerlo.
Mentre uscivano, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone, e lo costrinsero a portare la sua croce. Giunti al luogo detto Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», gli diedero da bere vino mescolato con fiele. Egli lo assaggiò, ma non ne volle bere. Dopo averlo crocifisso, si divisero le sue vesti, tirandole a sorte. Poi, seduti, gli facevano la guardia. Al di sopra del suo capo posero il motivo scritto della sua condanna: «Costui è Gesù, il re dei Giudei».
Insieme a lui vennero crocifissi due ladroni, uno a destra e uno a sinistra.
Quelli che passavano di lì lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Tu, che distruggi il tempio e in tre giorni lo ricostruisci, salva te stesso, se tu sei Figlio di Dio, e scendi dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi e gli anziani, facendosi beffe di lui dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! È il re d’Israele; scenda ora dalla croce e crederemo in lui. Ha confidato in Dio; lo liberi lui, ora, se gli vuol bene. Ha detto infatti: “Sono Figlio di Dio”!». Anche i ladroni crocifissi con lui lo insultavano allo stesso modo.
A mezzogiorno si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio. Verso le tre, Gesù gridò a gran voce: «Elì, Elì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Costui chiama Elia». E subito uno di loro corse a prendere una spugna, la inzuppò di aceto, la fissò su una canna e gli dava da bere. Gli altri dicevano: «Lascia! Vediamo se viene Elia a salvarlo!». Ma Gesù di nuovo gridò a gran voce ed emise lo spirito.
Ed ecco, il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi, che erano morti, risuscitarono. Uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti. Il centurione, e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù, alla vista del terremoto e di quello che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: «Davvero costui era Figlio di Dio!».
* «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Gesù, gridando sulla croce, fa suo il grido di tutti i poveri, sofferenti, oppressi della storia. Fa suo il grido dell’umanità infelice e lo lancia verso Dio. Non un grido di disperazione, ma di sconfinata fiducia.
Spunti di Riflessione
Il servo sofferente
Dal giorno in cui Dio entrò a fondo nella vita di Abramo fino al punto di richiedergli l’immolazione del suo figlio unico Isacco, la storia dei credenti è un lungo cammino verso il Calvario: esilio, èsodo, invasioni, distruzioni, profeti perseguitati, giusti martirizzati, sacrifici di animali, giorno dell’espiazione e del perdono (iòm kippùr): il popolo di Dio venne immerso nella sofferenza redentrice: ma «il Signore Dio mi assiste, non resto confuso», profetizzava il secondo Isaìa. In mezzo a questi «poveri di Dio» durante l’esilio (6° secolo a.C.) sorse un profeta (mistico e genio), il dèutero-Isaìa: profetò di un innocente, il cosiddetto «Servo Sofferente», che sarebbe divenuto quasi un tempio del dolore. E su di lui scrisse quattro canti, che sembrano essere stati redatti ai piedi della croce; cinque secoli prima del venerdì santo, il dèutero-Isaìa parlava di Gesù, Servo Sofferente.
La Passione secondo Isaìa è il vertice della rivelazione biblica: vi si parla del destino di un popolo la cui missione era di accogliere il Messia, e del destino di Gesù che dà un senso al dolore umano: «Ho presentato il dorso ai flagellatori, non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi».
Una storia gloriosa
La Passione di Gesù non è l’avventura dolorosa e frustrata di un condannato qualunque; è la storia gloriosa del Figlio di Dio che, pur devastato dal dolore, resta sempre il «Dio-con-noi» perché noi possiamo «essere sempre con il Signore Gesù». Il racconto di Matteo della Passione di Gesù ci porta a guardare con più attenzione a Gesù e, di conseguenza, a conoscere meglio la Chiesa, che è il suo prolungamento. È una contemplazione del volto di Colui che, come agnello mansueto, non apre bocca ed è abbandonato da tutti.
La Parola per me, Oggi
Oggi inizierò la Settimana Santa con un prolungato sguardo interiore su Gesù, sul mistero del suo andare a morire per amore. E cercherò di compiere qualche piccolo, delicato gesto di gratuità e di amore verso qualche persona vicina. Gli occhi della fede mi fanno scorgere in lei il Signore. è dunque sul suo corpo adorabile che verso il profumo dell’amore.
La Parola si fa Preghiera
Dio onnipotente ed eterno, che hai dato come modello agli uomini il Cristo tuo Figlio, nostro Salvatore, fatto uomo e umiliato fino alla morte di croce, fa’ che abbiamo sempre presente il grande insegnamento della sua passione, per partecipare alla gloria della risurrezione.