Messalino di Domenica 11 Settembre

Messalino di Domenica 11 Settembre

 

Dal libro dell’Èsodo (32,7-11.13-14)

In quei giorni, il Signore disse a Mosè: «Va’, scendi, perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto, si è pervertito. Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicato! Si sono fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: “Ecco il tuo Dio, Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto”».
Il Signore disse inoltre a Mosè: «Ho osservato questo popolo: ecco, è un popolo dalla dura cervìce. Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori. Di te invece farò una grande nazione».
Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio, e disse: «Perché, Signore, si accenderà la tua ira contro il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto con grande forza e con mano potente? Ricòrdati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: “Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo, e tutta questa terra, di cui ho parlato, la darò ai tuoi discendenti e la possederanno per sempre”».
Il Signore si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo.

* Mosè preferisce far tacere le sue speranze personali e farsi l’intercessore del popolo presso Dio, sottomettendo tutto, con una fiducia irremovibile, all’esecuzione della promessa divina per il servizio del popolo.

 

Salmo Responsoriale (dal Sal 50)
Ricordati di me, Signore, nel tuo amore.

Pietà di me, o Dio, nel tuo amore;
nella tua grande misericordia
cancella la mia iniquità.
Lavami tutto dalla mia colpa,
dal mio peccato rendimi puro.

Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Non scacciarmi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito.

Signore, apri le mie labbra
e la mia bocca proclami la tua lode.
Uno spirito contrito è sacrificio a Dio;
un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi.

 

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo a Timòteo (1,12-17)

Figlio mio, rendo grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio me, che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo per ignoranza, lontano dalla fede, e così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù.
Questa parola è degna di fede e di essere accolta da tutti: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io. Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Cristo Gesù ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità, e io fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna.
Al Re dei secoli, incorruttibile, invisibile e unico Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen.

* La conversione, la vocazione ed elezione di Paolo costituiscono un esempio dell’opera redentiva di Gesù Cristo. Egli apparteneva al numero dei perduti; anzi eccelleva fra questi: primo era lui. Certamente il suo debito è ora estinto, ma rimane in lui motivo costante di umiltà e di riconoscenza. Quanto più penetra in questo incomprensibile amore e in questa ineffabile benevolenza, tanto più cresce in umiltà davanti a Dio e in riconoscenza.

 

Canto al Vangelo (2Cor 5,19)
Alleluia, alleluia. Dio ha riconciliato a sé il mondo in Cristo, affidando a noi la parola della riconciliazione. Alleluia.

Dal Vangelo secondo Luca (15,1-32)

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

* La gioia più grande di Dio è nel perdonare. Gesù va alla ricerca di quelli che sono realmente «peccatori», ma lascia stare «coloro che si credono giusti». Il buon pastore batte tutti i sentieri per ritrovare la pecorella smarrita. La donna cerca la monetina finché la trova. Dio va alla caccia e alla ricerca del peccatore, finché lo ritrova.

 

Spunti di Riflessione

Motivo di festa
Paolo è la testimonianza irrefutabile che nessuno è tanto lontano da Dio, al punto che non possano raggiungerlo l’incomprensibile misericordia e l’inconcepibile amore di Cristo, che venne «a cercare e salvare ciò che era perduto».
Solo in Paradiso l’uomo si renderà conto, con stupore, che Dio gli era continuamente ai fianchi e lo tallonava, lo inseguiva; l’amore di questo grande Ricercatore escogita mezzi e metodi sempre nuovi, per riportare a casa chi si era perduto; noi tutti viviamo in un’atmosfera di Amore divino.

L’amore misericordioso di Dio
L’amore è il cuore della Vita Trinitaria. Attorno a questo amore misericordioso gravita tutto ciò che è creato ed è stato riscattato.
L’amore è l’effusione prodiga di Dio stesso nel seno della Vita Trinitaria.
L’amore è una potenza purificatrice. Basta il contatto  dell’amore per santificare tutto ciò che non è santo. Cioè quando un’anima è partecipe e toccata dall’amore misericordioso del Signore, diventa a sua volta irradiante: «Voi siete la luce del mondo». Ecco il carattere apostolico dell’amore. L’amore in se stesso è apostolico, è radioattivizzante.
Scriveva Santa Elisabetta della Trinità che capiva bene questo: «Vorrei essere sempre tutta silenziosa, tutta adorante per penetrare sempre di più in Lui, in Dio; esserne piena, da poterlo donare, con la  preghiera, a quelle povere anime che non conoscono il dono di Dio (Gesù)». «Vorrei essere – diceva – come un piccolo vaso alla sorgente, alla fontana di vita, per poter in seguito comunicare l’acqua viva alle anime, lasciando traboccare l’onda dell’Amore Infinito».
«Nel nostro cuore portiamo bende sufficienti per curare tutti i mali del mondo. Non esiste un solo problema che non si possa risolvere con l’amore o col perdono» (Erich Fromm).

 

La Parola per me, Oggi

«Non basta perdonare gli altri, dobbiamo perdonare loro con umiltà e compassione. Se perdoniamo senza umiltà, il nostro perdono è una beffa: presuppone che noi siamo migliori di loro» (Thomas Merton).

 

La Parola si fa Preghiera

O Dio, che per la preghiera del tuo servo Mosè non abbandonasti il popolo ostinato nel rifiuto del tuo amore, concedi alla tua Chiesa per i meriti del tuo Figlio, che intercede sempre per noi, di far festa insieme agli angeli anche per un solo peccatore che si converte.

 

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