Messalino di Giovedì 17 Gennaio
Dalla Lettera agli Ebrei (3,7-14)
Fratelli, come dice lo Spirito Santo:
«Oggi, se udite la sua voce,
non indurite i vostri cuori
come nel giorno della ribellione,
il giorno della tentazione nel deserto,
dove mi tentarono i vostri padri mettendomi alla prova,
pur avendo visto per quarant’anni le mie opere.
Perciò mi disgustai di quella generazione
e dissi: hanno sempre il cuore sviato.
Non hanno conosciuto le mie vie.
Così ho giurato nella mia ira:
non entreranno nel mio riposo».
Badate, fratelli, che non si trovi in nessuno di voi un cuore perverso e senza fede che si allontani dal Dio vivente. Esortatevi piuttosto a vicenda ogni giorno, finché dura questo oggi, perché nessuno di voi si ostini, sedotto dal peccato. Siamo infatti diventati partecipi di Cristo, a condizione di mantenere salda sino alla fine la fiducia che abbiamo avuto fin dall’inizio.
* L’autore fa allusione alle mormorazioni di Israele nel deserto: nonostante Dio abbia tirato fuori il popolo dall’Egitto e gli abbia stipulato l’Alleanza del Sinai il popolo mormorò contro di Lui. Mormorare significa rifiutare di riconoscere la presenza di Dio nella situazione attuale.
Salmo Responsoriale (dal Sal 94)
Ascoltate oggi la voce del Signore: non indurite il vostro cuore.
Entrate: prostràti, adoriamo,
in ginocchio davanti al Signore che ci ha fatti.
È lui il nostro Dio
e noi il popolo del suo pascolo,
il gregge che egli conduce.
Se ascoltaste oggi la sua voce!
«Non indurite il cuore come a Merìba,
come nel giorno di Massa nel deserto,
dove mi tentarono i vostri padri:
mi misero alla prova
pur avendo visto le mie opere.
Per quarant’anni mi disgustò quella generazione
e dissi: “Sono un popolo dal cuore traviato,
non conoscono le mie vie”.
Perciò ho giurato nella mia ira:
non entreranno nel luogo del mio riposo».
Canto al Vangelo (cf Mt 4,23)
Alleluia, alleluia. Gesù annunciava il vangelo del Regno e guariva ogni sorta di malattie e infermità nel popolo. Alleluia.
Dal Vangelo secondo Marco (1,40-45)
In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito, la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.
E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro».
Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.
* L’atteggiamento del lebbroso verso Gesù rivela, più che rispetto, una vera fede («supplica in ginocchio»). I lebbrosi erano sfuggiti da tutti e dovevano avvertire con un campanello la gente di stare a distanza. Gesù, invece, toccò il lebbroso; Egli mette la sua carne sana a contatto con la carne putrida dell’umanità devastata dal peccato. La Risurrezione non farà che estendere a ogni creatura il contatto miracoloso dell’umanità di Gesù.
Spunti di Riflessione
Mosso da misericordia
La lebbra era, secondo la concezione ebraica, una «primogenita della morte» (Gb 18,13). Chi veniva segnato da questa malattia doveva tenersi separato dagli altri e non poteva avvicinarsi a nessuno. I lebbrosi erano lasciati languire lungamente in una lenta morte, e per giunta venivano infamati come peccatori, poiché la lebbra era considerata il castigo di gravi peccati. Le guarigioni dovevano essere constatate da un sacerdote.
«Va’ a mostrarti al sacerdote»: in questo comando di Gesù non c’è forse un’allusione chiara al sacramento pasquale della Confessione?
S. Marco, a differenza di S. Matteo e di S. Luca, raccontando questo episodio, lo descrive più minutamente, e vi aggiunge un’annotazione bellissima: «Gesù, mosso da compassione-misericordia». Il perno di tutto il miracolo è la misericordia. Che cos’è la misericordia? È uno dei fatti più grandi e più splendidi del cuore umano perché nasce dall’amore. È una consacrazione al dolore. Misericordia vuol dire aprirsi e donarsi alla sofferenza umana. Gli uomini si accorgono subito quando un cuore generoso sente il dolore degli altri. Se ne accorgono; subito cercano in quel cuore un aiuto, un appoggio, un calore umano. La misericordia mette in luce tutta la miseria della nostra esistenza. Prendere su di noi questa miseria comporta sofferenza e dolore; alle volte, un dolore tanto grande da essere addirittura insopportabile.
Quando la sofferenza degli altri è così profonda da non poterci fare nulla, non resta che «compatirla»: ecco la compassione. Compassione vuol dire patire insieme, soffrire insieme; cioè, aprire il proprio cuore agli altri e lasciarvi fluire il dolore degli altri. Vuol dire lasciarsi sommergere e invadere dalla sofferenza degli altri, finché il sofferente si sente sollevato.
La Parola per me, Oggi
Un lebbroso: un emarginato. Gesù lo avvicina, stende la mano, lo tocca. Vivere la parola oggi è farmi prossimo, farmi vicino a coloro che la società emargina, che io stesso tendo ad emarginare. Oggi, con la misericordia, voglio mostrare a chi mi incontra il volto misericordioso di Cristo.
La Parola si fa Preghiera
Fa’ che ascoltiamo, Signore, la Tua voce. Che il nostro cuore non sia duro come la pietra, ma dolce e misericordioso come il tuo. Che la nostra mano sia tesa alle necessità di ogni nostro fratello.