Messalino di Giovedì 1O Giugno

Messalino di Giovedì 1O Giugno

 

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi (3,15 - 4,1-6)

Fratelli, fino ad oggi, quando si legge Mosè, un velo è steso sul cuore dei figli d’Israele; ma quando vi sarà la conversione al Signore, il velo sarà tolto.
Il Signore è lo Spirito e, dove c’è lo Spirito del Signore, c’è libertà. E noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore.
Perciò, avendo questo ministero, secondo la misericordia che ci è stata accordata, non ci perdiamo d’animo.
E se il nostro Vangelo rimane velato, lo è in coloro che si perdono: in loro, increduli, il dio di questo mondo ha accecato la mente, perché non vedano lo splendore del glorioso vangelo di Cristo, che è immagine di Dio.
Noi infatti non annunciamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore: quanto a noi, siamo i vostri servitori a causa di Gesù. E Dio, che disse: «Rifulga la luce dalle tenebre», rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria di Dio sul volto di Cristo.

* Mosè che si rivolge a Dio togliendosi il velo è una figura (tipo) del popolo d’Israele che un giorno si convertirà. Se Israele si rivolgerà al Signore, se si convertirà a lui, gli verrà tolto il velo e allora conoscerà il senso pieno dell’Antico Testamento.

 

Salmo Responsoriale (dal Sal 84)
Donaci occhi, Signore, per vedere la tua gloria.

Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore:
egli annuncia la pace.
Sì, la sua salvezza è vicina a chi lo teme,
perché la sua gloria abiti la nostra terra.               

Amore e verità s’incontreranno,
giustizia e pace si baceranno.
Verità germoglierà dalla terra
e giustizia si affaccerà dal cielo.

Certo, il Signore donerà il suo bene
e la nostra terra darà il suo frutto;
giustizia camminerà davanti a lui:
i suoi passi tracceranno il cammino.

 

Canto al Vangelo (Gv 13,34)
Alleluia, alleluia. Vi do un comandamento nuovo, dice il Signore: come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Alleluia.

Dal Vangelo secondo Matteo (5,20-26)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.
Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai”; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna.
Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono.
Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!».

* Gesù dichiara inequivocabilmente: anche nelle ingiurie di poco conto come “raca” o “rinnegato” si manifesta improvvisamente l’odio che per lungo tempo era rimasto nascosto dietro una facciata.

 

Spunti di Riflessione

Una giustizia nuova
Per rendersi conto della portata dell’insegnamento del Signore è necessario ricordare le sottigliezze portate dagli scribi e dai commentatori della Legge circa l’omicidio. Per Giudicare se c’era o meno omicidio, gli scribi elencavano una serie di condizioni tutte puramente esteriori. Cristo stabilisce un nuovo criterio di apprezzamento: l’intenzione personale. Questa può essere giudicata perfino più severa di un omicidio, anche se si limita esteriormente a una semplice ingiuria.
Due sentenze distinte. Nella prima (v. 21-22a), Gesù afferma che la semplice ingiuria può portare al «tribunale», come l’omicidio. Per tribunale si intende qui quel consiglio di comunità che, sul piano nazionale (sinedrio) o locale (per esempio, a Qumran), godeva del diritto di scomunicare i membri colpevoli. Faceva uso così di un diritto di vita e di morte, designando coloro che meritavano o meno di appartenere alla comunità (Mt 10,17; Gv 16,2).
La seconda (vv. 23-24) tratta della necessità dell’amore nel sacrificio. Se, prima di offrire il sacrificio, un giudeo si ricordava improvvisamente di essere impuro (Lv 15-17), doveva sottoporsi a una serie di abluzioni previe. Gesù chiede al cristiano di avere le stesse disposizioni se si ricorda di essere adirato con qualcuno. In questo passo Cristo non allude più alle prescrizioni sull’omicidio, ma alle prescrizioni sulla purità rituale. L’ispirazione delle sue sentenze è quindi differente, ma entrambe procedono dallo stesso desiderio di stabilire una giustizia nuova, basata sull’atteggiamento interiore e opposta a ogni formalismo.

 

La Parola per me, Oggi

Dio non accetta il sacrificio che viene da un cuore implacabile. «Chi dice di essere nella luce e odia il proprio fratello, è ancora nelle tenebre» (1 Gv 2,9). Il vero amore del prossimo non è che l’amore di Dio reso visibile e, in quanto tale, l’autentica premessa di un degno culto divino.

 

La Parola si fa Preghiera

Dio! Non sapendo amare secondo la tua grazia, non strapparmi l’umile compassione, il pane ordinario della compassione che possiamo spezzare insieme, peccatori, seduti sul bordo della strada, in silenzio, a testa bassa, come i vecchi
poveri. (Bernanos)

 

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