Messalino di Martedì 19 Settembre
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo a Timoteo (3,1-13)
Figlio mio, questa parola è degna di fede: se uno aspira all’episcopato, desidera un nobile lavoro. Bisogna dunque che il vescovo sia irreprensibile, marito di una sola donna, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare, non dedito al vino, non violento ma benevolo, non litigioso, non attaccato al denaro. Sappia guidare bene la propria famiglia e abbia figli sottomessi e rispettosi, perché, se uno non sa guidare la propria famiglia, come potrà aver cura della Chiesa di Dio? Inoltre non sia un convertito da poco tempo, perché, accecato dall’orgoglio, non cada nella stessa condanna del diavolo. È necessario che egli goda buona stima presso quelli che sono fuori della comunità, per non cadere in discredito e nelle insidie del demonio.
Allo stesso modo i diaconi siano persone degne e sincere nel parlare, moderati nell’uso del vino e non avidi di guadagni disonesti, e conservino il mistero della fede in una coscienza pura. Perciò siano prima sottoposti a una prova e poi, se trovati irreprensibili, siano ammessi al loro servizio. Allo stesso modo le donne siano persone degne, non maldicenti, sobrie, fedeli in tutto. I diaconi siano mariti di una sola donna e capaci di guidare bene i figli e le proprie famiglie. Coloro infatti che avranno esercitato bene il loro ministero, si acquisteranno un grado degno di onore e un grande coraggio nella fede in Cristo Gesù.
* Dopo aver dato alcune direttive al suo discepolo per aiutarlo a conservare integra la dottrina, Paolo precisa alcuni criteri per la designazione degli uomini che dovranno esercitare sui fedeli la debita autorità; per confermarli nella fede. Non c’è bisogno che un capo sia dotato in modo straordinario; basta che sia equilibrato, ponderato e di buon senso, di facile comunicativa e piacevole.
Salmo Responsoriale (dal Sal 100)
Camminerò con cuore innocente.
Amore e giustizia io voglio cantare,
voglio cantare inni a te, Signore.
Agirò con saggezza nella via dell’innocenza:
quando a me verrai?
Camminerò con cuore innocente
dentro la mia casa.
Non sopporterò davanti ai miei occhi azioni malvagie,
detesto chi compie delitti: non mi starà vicino.
Chi calunnia in segreto il suo prossimo
io lo ridurrò al silenzio;
chi ha occhio altero e cuore superbo
non lo potrò sopportare.
I miei occhi sono rivolti ai fedeli del paese
perché restino accanto a me:
chi cammina nella via dell’innocenza,
costui sarà al mio servizio.
Canto al Vangelo (Lc 7,16)
Alleluia, alleluia. Un grande profeta è sorto tra noi, Dio ha visitato il suo popolo. Alleluia.
Dal Vangelo secondo Luca (7,11-17)
In quel tempo, Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla.
Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei.
Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!». Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!». Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre.
Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo». Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante.
* Gesù è qui chiamato da Luca per la prima volta: «Signore». Ciò significa che questo brano lo rivela pienamente: è il Signore di misericordia, autore della vita, vincitore della morte.
Spunti di Riflessione
Alzati!
Un ragazzo è morto: è il figlio unico di una madre vedova. Il cadavere di quel ragazzo non solo è un albero sfrondato, ma un albero sradicato e schiantato dalla morte. Non c’è più niente da fare. Questa volta l’iniziativa parte da Gesù stesso: egli ha compassione, soffre con chi soffre e vuole aiutare. La sua semplice parola richiama il morto in vita. Il prodigio della risurrezione è talmente sbalorditivo che i presenti sono presi da sgomento: «Tutti furono presi da timore». E subito lodano Dio, convinti che Dio abbia visitato il suo popolo.
Con Gesù succede qualcosa di splendidamente nuovo: si chiude il passato e si inizia l’avvenire. Alcuni frammenti e pagine di diario di Georges Bernanos commentano questa stupenda pagina del Vangelo:
- Le nostre povere vite con le loro occupazioni non sono niente di per sé; sono parole staccate dal contesto, ma Dio ne compone dei magnifici poemi e le fa rimare quando vuole lui e secondo la sua ispirazione. Ecco perché abbiamo torto a pretendere di collocarle qui piuttosto che là: esse sono sempre dove devono essere.
- Siamo come dei dadi nella mano di Dio, nella cavità della sua mano. E forse egli aspetta ancora un po’, prima di gettarci sulla tavola.
- È certo che nella vita procediamo a stento e a tentoni, e non sempre sulle nostre quattro ruote, come il carrettino di legno che un bambino si trascina dietro; ma è Gesù che tiene le briglie. Se non sentissimo più dei sobbalzi, sarebbe il caso di preoccuparci; potremmo temere che l’abbia lasciato andare.
- Il tempo passa, passa, e non giunge mai ciò che aspettiamo. Forse perché ciò che aspettiamo è già arrivato, ma Dio vuole che non lo sappiamo.
- C’è pericolo di figurarci l’amor di Dio come un amore di condiscendenza. Dio ama la sua creatura con un desiderio così intenso che la più piccola raffigurazione di quel desiderio ci ridurrebbe in polvere. Per questo ha nascosto questo desiderio nel profondo del dolce Cuore sofferente di Cristo.
- Io penso a Lui; sono io che a poco a poco scopro come un altro Lui stesso viva nel fondo del pantano in cui io mi agito ancora.
La Parola per me, Oggi
In Gesù Dio è piedi per incontrare l’uomo, occhi per vederlo, cuore per amarlo, mano per toccarlo, parola per comunicargli vita. Oggi mettiti in cammino verso gli altri, soprattutto verso coloro che soffrono perché lui possa camminare ancora, anche attraverso di te, incontro a ogni uomo.
La Parola si fa Preghiera
Signore Gesù, tu sei venuto per vincere il grande nemico: la morte, il cui ricordo ci avvelena tutta l’esistenza. Ti ringrazio perché l’incontro con te mi restituisce alla vita.