Messalino di Martedì 6 Novembre
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési (2,5-11)
Fratelli, abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù:
egli, pur essendo nella condizione di Dio,
non ritenne un privilegio
l’essere come Dio,
ma svuotò se stesso
assumendo una condizione di servo,
diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo,
umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò
e gli donò il nome
che è al di sopra di ogni nome,
perché nel nome di Gesù
ogni ginocchio si pieghi
nei cieli, sulla terra e sotto terra,
e ogni lingua proclami:
«Gesù Cristo è Signore!»,
a gloria di Dio Padre.
* La gioia dell’Apostolo non è il piacere dell’esteta, o semplicemente quello dello star bene. Sgorga dalla croce di Cristo. La vera gioia sta al di là del sacrificio; la gioia totale è al di là del sacrificio totale. Incastonato nello splendido scrigno che è la Lettera ai Filippesi, ecco l’inno alla gioia nel Cristo.
Salmo Responsoriale (dal Sal 21)
Da te, Signore, la mia lode nella grande assemblea.
Scioglierò i miei voti davanti ai suoi fedeli.
I poveri mangeranno e saranno saziati,
loderanno il Signore quanti lo cercano;
il vostro cuore viva sempre!
Ricorderanno e torneranno al Signore
tutti i confini della terra;
davanti a te si prostreranno
tutte le famiglie dei popoli.
Perché del Signore è il regno:
è lui che domina sui popoli!
A lui solo si prostreranno
quanti dormono sotto terra.
Lo servirà la mia discendenza.
Si parlerà del Signore alla generazione che viene;
annunceranno la sua giustizia;
al popolo che nascerà diranno:
«Ecco l’opera del Signore!».
Canto al Vangelo (Mt 11,28)
Alleluia, alleluia. Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro, dice il Signore. Alleluia.
Dal Vangelo secondo Luca (14,15-24)
In quel tempo uno dei commensali, avendo udito questo, disse a Gesù: «Beato chi prenderà cibo nel regno di Dio!». Gli rispose: «Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti. All’ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: “Venite, è pronto”. Ma tutti, uno dopo l’altro, cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: “Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Mi sono appena sposato e perciò non posso venire”. Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al suo padrone. Allora il padrone di casa, adirato, disse al servo: “Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi”. Il servo disse: “Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c’è ancora posto”. Il padrone allora disse al servo: “Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia. Perché io vi dico: nessuno di quelli che erano stati invitati gusterà la mia cena”».
* Il possesso, il commercio, la donna sono gli impedimenti ad accettare l’invito al Regno e a decidersi d’ascoltarne il richiamo; tali cose annientano qualsiasi interesse per l’invito ricevuto.
Spunti di Riflessione
La grande Cena
«Il primo gli disse: “Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego di scusarmi”». Gli affari, gli interessi materiali lo legano. «Un altro disse: “Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli». Il benestante possedeva un paio di buoi; il lavoro di un paio di buoi corrispondeva, in un anno, a dieci ettari di terreno; cinque paia di buoi a 50 ettari di terreno; era quindi un latifondista. «Un altro disse: “Mi sono appena sposato e perciò non posso venire”». Gli affari, le ricchezze, il piacere: ecco gli ostacoli.
«Allora il padrone di casa, adirato, disse al servo: “Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi”». Gli umili, i poveri di Jahvé sono invitati al banchetto.
«Per le vie della città!», cioè i poveri e gli umili di Israele, quelli che non hanno niente, che sono in condizioni di nullatenenza assoluta. Sul vuoto dell’umiltà si precipita il ciclone delle grazie di Dio. La più povera, la più umile, la creatura più sublime: Maria. Fu lei l’umilissima serva.
«“...ma c’è ancora posto”. Il padrone allora disse al servo: “Esci per le strade (le strade che si diramano dalla città) e lungo le siepi (le siepi della campagna, dunque quelli di fuori città, cioè i pagani; il Messaggio viene esteso a tutti gli uomini) e costringili ad entrare... «Costringili»: non vuol dire costringere con la forza, soffocare la libertà di coscienza, no; è una forma di cortesia. Quando un povero viene invitato è cortesia in un primo tempo schermirsi: «Oh, non sono degno!», poi la cortesia suggerisce che l’ospite debba insistere, prendere il povero per mano e condurlo. È una cortesia ancora più fine. Quindi “Prendili per mano e portali dentro”.
«Perché la mia casa si riempia»: ecco il desiderio di questo padrone: si riempia la casa! Che tutti siano salvi! Prima gli umili e i poveri del popolo eletto, poi quelli di fuori: i pagani.
«Perché io vi dico: nessuno di quelli che erano stati invitati gusterà la mia cena”». Questa parabola ha un’intonazione spiccatamente Eucaristica: la Grande Cena!
Due considerazioni: 1) al banchetto, alla cena c’è la maggior familiarità possibile, quella che gusteremo di là; l’Eucarestia è un preannuncio. 2) Dobbiamo dire grazie al Signore che ci ha dato questa gioia del Banchetto Eucaristico, perché lì ci dà la vita divina, ci rende veramente figli di Dio. D. Gnocchi che morì offendo i suoi occhi per un bambino, era stato cappellano degli alpini durante la guerra in Russia. Raccontò questo episodio: con un suo gruppo di alpini aveva dovuto fare una lunga sgroppata, una marcia; alla fine lui doveva celebrare la Messa. Ma quando arrivavano al termine, il calore era così soffocante che avevano bevuta tutta l’acqua che portavano con sé. Non ce n’era neanche una goccia per celebrare. Allora D. Gnocchi si rivolse ai soldati e chiese: «C’è qualcuno di voi che ha ancora qualche goccia d’acqua?». Un soldato ne aveva ancora un pochino. D. Gnocchi con quell’acqua poté celebrare la Messa. Quel soldato lo scrisse a casa e fece vedere la lettera al suo cappellano, D. Carlo Gnocchi.
Aveva scritto: «Cara mamma, ti annuncio una bella cosa. La mia borraccia d’acqua è servita per la Messa del Cappellano! Ti immagini, mamma? La mia poca acqua si è trasformata nel Sangue di Gesù».
Bellissimo annuncio. La nostra natura umana è stata divinizzata. Prima eravamo soltanto creature anche se immagini di Dio. Adesso siamo realmente figli di Dio, incorporati a Cristo; siamo entrati in pieno nella vita stessa di Dio, nelle meraviglie della vita Trinitaria.
Siamo stati, come l’acqua, trasformati nel Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Gesù: divinizzati.
La Parola per me, Oggi
Nel corso della giornata ci sono tante cose da fare e se proprio per quelle tante cose da fare, si trascurasse la presenza di Dio o l’incontro importante con i fratelli, si declinerebbe l’invito ad andare a Dio. La parabola è molto chiara e forte: si conclude con il padrone molto sdegnato.
La Parola si fa Preghiera
Nulla, Signore, ci distragga dal rispondere al tuo invito, oggi. Nulla ci tenga lontani da te: che la nostra vita diventi invito a partecipare alla festa di Nozze dell’Agnello verso tutti i fratelli che metterai sulla nostra strada. Amen.