Messalino di Mercoledì 11 Ottobre

Messalino di Mercoledì 11 Ottobre

 

Dal libro del profeta Giona (4,1-11)

Giona provò grande dispiacere e fu sdegnato. Pregò il Signore: «Signore, non era forse questo che dicevo quand’ero nel mio paese? Per questo motivo mi affrettai a fuggire a Tarsis; perché so che tu sei un Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore e che ti ravvedi riguardo al male minacciato. Or dunque, Signore, toglimi la vita, perché meglio è per me morire che vivere!». Ma il Signore gli rispose: «Ti sembra giusto essere sdegnato così?».
Giona allora uscì dalla città e sostò a oriente di essa. Si fece lì una capanna e vi si sedette dentro, all’ombra, in attesa di vedere ciò che sarebbe avvenuto nella città. Allora il Signore Dio fece crescere una pianta di ricino al di sopra di Giona, per fare ombra sulla sua testa e liberarlo dal suo male. Giona provò una grande gioia per quel ricino.
Ma il giorno dopo, allo spuntare dell’alba, Dio mandò un verme a rodere la pianta e questa si seccò. Quando il sole si fu alzato, Dio fece soffiare un vento d’oriente, afoso. Il sole colpì la testa di Giona, che si sentì venire meno e chiese di morire, dicendo: «Meglio per me morire che vivere».
Dio disse a Giona: «Ti sembra giusto essere così sdegnato per questa pianta di ricino?». Egli rispose: «Sì, è giusto; ne sono sdegnato da morire!». Ma il Signore gli rispose: «Tu hai pietà per quella pianta di ricino per cui non hai fatto nessuna fatica e che tu non hai fatto spuntare, che in una notte è cresciuta e in una notte è perita! E io non dovrei avere pietà di Nìnive, quella grande città, nella quale vi sono più di centoventimila persone, che non sanno distinguere fra la mano destra e la sinistra, e una grande quantità di animali?».

* «Giona mostra la cocciutaggine di un cuore ristretto ed egoista». La grande tesi del racconto è l’universalismo della salvezza opposto al particolarismo religioso e politico dell’epoca della restaurazione. Dio vuol salvare tutti gli uomini non soltanto i membri del piccolo popolo eletto.

 

Salmo Responsoriale (dal Sal 85)
Signore, tu sei misericordioso e pietoso.

Pietà di me, Signore,
a te grido tutto il giorno.
Rallegra la vita del tuo servo,
perché a te, Signore, rivolgo l’anima mia.

Tu sei buono, Signore, e perdoni,
sei pieno di misericordia con chi t’invoca.
Porgi l’orecchio, Signore, alla mia preghiera
e sii attento alla voce delle mie suppliche.

Tutte le genti che hai creato verranno
e si prostreranno davanti a te, Signore,
per dare gloria al tuo nome.
Grande tu sei e compi meraviglie:
tu solo sei Dio.

 

Canto al Vangelo (Rm 8,15bc)
Alleluia, alleluia. Avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!». Alleluia.

Dal Vangelo secondo Luca (11,1-4)

Gesù si trovava in un luogo a pregare; quando ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli».
Ed egli disse loro: «Quando pregate, dite:
Padre,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
e perdona a noi i nostri peccati,
anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,
e non abbandonarci alla tentazione».

* Gesù inserisce i suoi discepoli nella sua relazione con Dio. Il vocativo abbà (= caro padre) si riallaccia a preghiere infantili giudaiche; illumina la singolare relazione di Gesù con Dio.

 

Spunti di Riflessione

Davanti a Dio

* Ogni creatura ha in sé la propria natura. L’uomo invece no, perché la sua natura specifica è quella di essere a immagine e somiglianza di quel Dio che è amore. E l’amore ha il suo centro fuori di sé: è eccentrico, mosso dal desiderio dell’altro, la stella che gli manca. Per questo l’uomo diventa ciò davanti a cui si sta, secondo l’oggetto del suo desiderio. Questo diventa il suo fine, verso cui tende e in cui si realizza. Nella preghiera cristiana ci mettiamo davanti a Dio e accettiamo di essere amati da lui come Padre e di amarlo come tale nei fratelli. Così realizziamo la nostra natura di suoi figli.
Pregare è desiderare, ascoltare, credere e sentire lo Spirito del Figlio che geme in noi e in tutto il creato. La vita di Gesù, Verbo di Dio, è il suo colloquio di amore con il Padre, dal quale tutto riceve e al quale tutto dà. Così anche noi, figli nel Figlio, abbiamo nella preghiera la nostra sorgente di vita. Per questo, chi ha imparato a pregare, ha imparato a vivere (S. Agostino). Si impara a pregare pregando Gesù di insegnarcelo. La preghiera è dono suo, non conquista nostra.

“Padre”

* Sul monte Oreb, Dio si era definito con le parole: «Io Sono colui che Sono» (Es 3.14). Gli esegeti più recenti traducono meglio: «Io Sono colui che Sono qui». Dio è colui che è qui, presso ciascuno di noi, sempre e dovunque.
Ogni uomo che cerca Dio esperimenta sempre che Dio è qui presente. «Io Sono colui che Sono qui», per te. Dio è nostro Padre.

 

La Parola per me, Oggi

«Padre» è un nome che evoca fiducia, abbandono, sicurezza, ottimismo. È incredibile! Io posso dire: Dio, tu sei mio Padre! Allora tutto l’impegno della vita oggi sta in questo: usare la libertà per vivere da figlio.

 

La Parola si fa Preghiera

Padre nostro: è questo il nome con cui vuoi essere invocato, Signore. Che questo nome sia benedetto e santificato in tutto il mondo. Donaci il pane di cui abbiamo bisogno per il corpo e per lo spirito, perché ogni nostra giornata ci veda impegnati nel servizio del tuo regno di amore.

* IL MIO ROSARIO
«L’umile preghiera del Rosario è quel mezzo molto povero che può darci o ridarci la gioia di pregare» (Jean Lafrance).
L’assunzione di Maria al cielo.
Padre nostro, Ave Maria (10 volte), Gloria.

 

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