Messalino di Sabato 3 Novembre

Messalino di Sabato 3 Novembre

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi (1,18b-26)

Fratelli, purché in ogni maniera, per convenienza o per sincerità, Cristo venga annunciato, io me ne rallegro e continuerò a rallegrarmene. So infatti che questo servirà alla mia salvezza, grazie alla vostra preghiera e all’aiuto dello Spirito di Gesù Cristo, secondo la mia ardente attesa e la speranza che in nulla rimarrò deluso; anzi nella piena fiducia che, come sempre, anche ora Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia che io viva sia che io muoia.
Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno. Ma se il vivere nel corpo significa lavorare con frutto, non so davvero che cosa scegliere. Sono stretto infatti fra queste due cose: ho il desiderio di lasciare questa vita per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio; ma per voi è più necessario che io rimanga nel corpo. Persuaso di questo, so che rimarrò e continuerò a rimanere in mezzo a tutti voi per il progresso e la gioia della vostra fede, affinché il vostro vanto nei miei riguardi cresca sempre più in Cristo Gesù, con il mio ritorno fra voi.

* L’apostolo è pieno di gioia (v. 18b) per l’aiuto concreto che gli recano i suoi Filippesi e perché è sicuro dell’assistenza dello Spirito di Cristo Gesù. Anche se il suo imprigionamento si chiuderà con la morte, Cristo non sarà meno glorificato. Se l’apostolo muore, la risurrezione verrà a glorificare la sua vita (vv. 21-23; cf Gal 2,20).

 

Salmo Responsoriale (dal Sal 41)
L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente.

Come la cerva anela
ai corsi d’acqua,
così l’anima mia anela
a te, o Dio.

L’anima mia ha sete di Dio,
del Dio vivente:
quando verrò e vedrò
il volto di Dio?

Avanzavo tra la folla,
la precedevo fino alla casa di Dio,
fra canti di gioia e di lode
di una moltitudine in festa.

 

Canto al Vangelo (Mt 11,29)
Alleluia, alleluia. Prendete il mio giogo sopra di voi, dice il Signore, e imparate da me, che sono mite e umile di cuore. Alleluia.

Dal Vangelo secondo Luca (14,1.7-11)

Un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.
Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cédigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».

* Gesù si rivolge contro la vanagloria dei farisei e presenta una regola di buona condotta sul modo di comportarsi a tavola (cf Pro 25, 6s), che nello stesso tempo si riferisce al modo di agire di Dio. Nell’ultimo giorno Dio umilierà i superbi ed esalterà gli umili. La superbia dei farisei è un ostacolo alla fede in Gesù.

 

Spunti di Riflessione

«Chi si umilia sarà esaltato»
Gesù è in casa di un fariseo. Vi è invitato per aver modo di trovare qualche trasgressione di cui accusarlo. Gli «osservatori» tuttavia, sono già stati «osservati» da Gesù: fin dal loro arrivo, essi dànno la caccia ai primi posti.
L’umiltà è ricerca dell’ultimo posto. Le convenienze sociali esigono di non farsi avanti quando si è invitati a nozze, ma che modestamente ci si tenga indietro, sottolinea Gesù in forma di parabola. Il padrone che invita, assegnerà lui, il posto. Non tocca all’ospite sceglierlo. La punta della parabola sta nell’ultimo versetto: «Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato». Si tratta infinitamente di più che di una massima di buona educazione a tavola. Gesù guarda al Regno e ha di mira l’invito a banchetto nel Regno del Padre. Per aver posto a quella tavola occorre farsi molto piccoli.
Abbassarsi agli occhi di Dio significa scegliere di mettersi a sua disposizione per fare ciò che Egli vorrà. L’apostolo deve essere convinto che non è la sua azione, per quanto nobile, a rendere più degna la tavola del Padre, quanto la capacità di rinunciare alla sua giustizia e di azzerarsi di fronte alle persone stesse a cui deve portare l’annuncio del Regno. Gandhi diceva: «Devo ridurmi a zero; finché un uomo non si considera spontaneamente l’ultimo, non vi è salvezza per lui»; né, tantomeno, evangelizzazione.

 

La Parola per me, Oggi

La proposta che fa Gesù è legata alla sua esperienza di sentirsi figlio di Dio, per cui quando mi dice di comportarmi umilmente, lasciando i primi posti agli altri, è un invito a vivere da figlio di Dio, aspettando da lui le gratificazioni di cui ho bisogno, che mi facciano sentire importante, o più esattamente “amato”. Il segno che realmente mi sento figlio di Dio è proprio il fatto che non ho più paura di rimanere solo e non vivo più l’affanno di dover piacere.

 

 

La Parola si fa Preghiera

Signore, liberami dal desiderio di mettermi all’occhiello la bella figura e il consenso altrui. Dammi il tuo amore perché io giochi tutto me stesso solo per amore.

 

Condividi su: Facebook Twitter Google Plus