Messalino di Sabato Santo – 8 Aprile
Il Sabato Santo, la Chiesa sosta presso il sepolcro del Signore, meditando la sua passione e morte, astenendosi dal celebrare il sacrificio della Messa fino alla solenne Veglia o attesa notturna della risurrezione.
Dal Vangelo secondo Giovanni (19,38-42)
Allora (Giuseppe di Arimatea) andò e prese il corpo di Gesù. Vi andò anche Nicodèmo – quello che in precedenza era andato da lui di notte – e portò circa trenta chili di una mistura di mirra e di àloe. Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero con teli, insieme ad aromi, come usano fare i Giudei per preparare la sepoltura.
Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora posto. Là dunque, poiché era il giorno della Parasceve dei Giudei e dato che il sepolcro era vicino, posero Gesù.
Spunti di Riflessione
La notte della morte
La morte ci introduce a vedere Dio. Ma la morte è una notte. Un cristiano non dovrebbe mai essere triste perché non è mai senza speranza. Può darsi che la prova che incombe su di lui sia dura, terribile; ma la grazia lo aiuta sempre, perché la morte ha perduto il suo pungiglione, dice S. Paolo, è stata sconfitta (cfr 1 Cor 15,55). La morte per ciascuno di noi deve avere una luce beatificante. La notte della morte che sembra piombare su di noi nell’ultimo istante della vita, diventa come la notte del sabato santo, che la liturgia chiama «la più beata di tutte le notti» perché Gesù è uscito dalla tomba.
Il suo silenzio
“...Gesù tace davanti a Caifa (Mt 26,63), davanti a Erode (Lc 23,9) e infine anche davanti a Pilato (cfr Mt 27,12.14; Gv 19,19) e parla solo col suo silenzio: «Egli fu maltrattato e si lasciò umiliare e non aprì la bocca, come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori» (Is 53,7). È il compimento di quel tacere di Dio, per il quale non ha più senso parlare, per cui incatena anche il suo profeta Ezechiele e lo fa ammutolire (Ez 3,25 ss.). Questi parlerà solo per gesti simbolici (come anche le stazioni della Via Crucis di Gesù sono parole dette da muti gesti) fino al giorno in cui uno scampato da Gerusalemme comunicherà agli esiliati la rovina della città e il popolo riconoscerà che la parola di Jahwé è veritiera (cfr Ez 24,27; 33,22).
Il mistero del Sabato santo... Non solo il fatto che Gesù diventò solidale con noi nel suo silenzio di morte è un alto grido (kraugé), ma anche il fatto che egli espressamente scende nel silenzio di quella morte che è morte lontana dalla vita di Dio, morte in cui nessuno può più lodare Dio (cfr. Sal 6,6). Dio non può annunziare più chiaramente di così che egli ci raggiunge perfino nel nostro essere perduti. Che nel vecchio canto ecclesiale si cantasse della «morte di Dio» significa che egli ha inserito il morire dell’uomo (lontano da Dio) nel rapporto tra il Padre e il Figlio incarnato nello Spirito Santo, che dal Figlio nella morte è restituito al Padre e che questo silenzio mortale fa parte del suo mistero rivelato, rivolto a noi. Ci sono molti momenti nel silenzio di Gesù.
(Riflessione di Hans Urs von Balthasar)