Messalino di Venerdì 14 Settembre

Messalino di Venerdì 14 Settembre

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo a Filippesi (2,6-11)

Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce.
Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!, a gloria di Dio Padre».

* Dio Padre ha «sopra-esaltato» il Figlio risuscitandolo; ha messo «in ginocchio» davanti a lui cielo, terra e l’oltretomba; gli «ha dato il Nome» che, infinitamente più di un titolo, è una dignità reale, e cioè: «Gesù Cristo è il Signore, è Dio».

 

Salmo Responsoriale (dal Sal 77)
Non dimenticate le opere del Signore!

Ascolta, popolo mio, la mia legge, porgi l’orecchio alle parole della mia bocca.
Aprirò la mia bocca con una parabola,
rievocherò gli enigmi dei tempi antichi.

Quando li uccideva, lo cercavano
e tornavano a rivolgersi a lui,
ricordavano che Dio è la loro roccia
e Dio, l’Altissimo, il loro redentore.

Lo lusingavano con la loro bocca,
ma gli mentivano con la lingua:
il loro cuore non era costante verso di lui
e non erano fedeli alla sua alleanza.

Ma lui, misericordioso, perdonava la colpa,
invece di distruggere.
Molte volte trattenne la sua ira
e non scatenò il suo furore.

 

Canto al Vangelo
Alleluia... Noi ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo, perché con la tua croce hai redento il mondo. Alleluia.

Dal Vangelo secondo Giovanni (3,13-17)

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».

* «Dio ha tanto amato il mondo...». Gesù è l’infinito dono del Padre, è l’infinita prodigalità del Padre. Il verbo «innalzare» caratterizza, in maniera paradossale, l’abbassamento estremo come l’elevazione massima. La croce è il primo scalino dell’ascesa al Padre. Per una grazia smisurata di Dio, lo stesso peccato dell’uomo diviene sorgente di salvezza.

 

Spunti di Riflessione

Perché chiunque crede in lui non vada perduto
Il Figlio dell’uomo è disceso dal cielo; S. Paolo aveva detto: «Annientò se stesso prendendo forma di schiavo».
Il mistero di questa discesa di Dio verso l’uomo peccatore non ha altro limite che l’amore stesso, infinito, di Dio per noi. Gesù accosta la sua crocifissione all’elevazione del serpente nel deserto. È necessario che ciò avvenga come fu necessaria l’elevazione del serpente. Sia il serpente che Cristo sono al centro di un misterioso paradosso: il serpente, che la tradizione giudaica univa tanto strettamente all’origine della morte, è innalzato morto e diviene causa di vita per quanti lo guardano; allo stesso modo Gesù, colpito dalla morte più brutale, effonde torrenti di Vita. La vita ha una sola fonte: Dio. L’uomo deve «volgere lo sguardo» ad essa. Dal trono della sua croce Gesù attira tutti (cf Gv 12,32).

La Beata Alexandrina Maria da Costa, grande mistica portoghese, possedeva due crocifissi, uno piccolo che portava sempre puntato con una spilla ed uno più grande che era appeso accanto al suo letto e che di notte prendeva con sé stringendolo tra le sue braccia. Ci sono due episodi molto significativi che hanno per centro i due crocifissi. Il primo episodio ci rivela l’odio di Satana verso il Crocifisso, segno della sua definitiva sconfitta da parte di Gesù. «Domenica – scrive Alexandrina nel suo diario – udii una voce dolce: “Figlia mia, vengo a dirti di non scrivere più nulla di quanto vedi, è un inganno della tua vita! Non senti quanto sei debole? Mi dai dispiacere…è il tuo Gesù che ti parla, non è Satana”. Sospettosa incominciai a baciare il Crocifisso e allora la voce si fece furiosa: “Se scriverai ancora qualcosa ti rovino il corpo! Pensi che non lo possa fare?”. Il demonio – continua Alexandrina – vuole che mi tolga gli oggetti sacri che ho su di me e il Crocifisso che ho in mano. Mi dice che ha segreti da confidarmi, ma vuole che tolga prima quegli oggetti che lui odia» (14.2.1935). Quando Alexandrina bacia e stringe a sé il Crocifisso, il demonio le dice in tono minaccioso:«Se non fosse per quell’impostore che hai in mano, ti metterei un piede Venerdì 14 settembre
sul collo, ridurrei il tuo corpo in una poltiglia. Ringrazia quell’oggetto di superstizione… non già che io lo tema, lo odio!». Un giorno il demonio riuscì a strappargli il piccolo Crocifisso puntato sulla camicia da notte. Il Crocifisso fu trovato due anni dopo sepolto nel giardino. A Balasar, paese natale di Alexandrina, si conserva ancora la camicia da notte con lo strappo rammendato. Il secondo episodio, verificatosi nel mese di giugno del 1950, riguarda invece il Crocifisso appeso accanto al letto. Per alcune settimane, Alexandrina rimase senza questo Crocifisso che di notte teneva con sé, tra le sue braccia. Lo aveva fatto appendere in un’altra stanza perché don Umberto M. Pasquale, salesiano, suo secondo direttore spirituale, gliene aveva donato un altro. Dopo alcuni mesi, Alexandrina lo donò ed ella rimase senza Crocifisso. Chiese quindi alla sorella Deolinda di riportare nella sua stanza il vecchio crocifisso che aveva fatto riporre, ma la sua richiesta venne più volte dimenticata. Fu allora che avvenne un episodio molto toccante: per due volte, il Crocifisso che doveva essere accanto al suo letto, le apparve di notte sul petto tra le sue braccia. Alexandrina si impressionò molto di quanto le accadde e quando venne sollecitata dal suo medico curante, il dottor Azavedo, a chiedere a Gesù il significato di quanto successo, durante un’estasi si sentì dare questa risposta: «È molto semplice la ragione che mi portò a staccarmi dalla parete e a venire a te: il Crocifisso vuole essere sempre unito alla sua crocifissa. Non posso, figlia mia, privare la mia Immagine delle tue carezze, dei tuoi atti d’amore. La mia Passione viene rinnovata ad ogni momento; ricevendo le tue carezze ed il tuo amore, le mie sofferenze scompaiono, mi dimentico dei crimini e uso compassione verso i peccatori. Venendo a te, così come ti sono apparso, ti ho sollecitata affinché la mia Immagine che era stata riposta, fosse riportata nella tua camera, presso il tuo cuore e tu ardessi d’amore per me.
È una luce in più che io aggiungo a tante altre luci che ho posto nella tua vita e che formerà col passare del tempo, un sole splendente per le anime in tutto il mondo».

 

La Parola per me, Oggi

«Guarderanno a Colui che hanno trafitto» (Gv 19,37). «Guardare» significa fissare a lungo, intensamente, contemplare per convertirsi e avere la Vita.

 

La Parola si fa Preghiera

Ecco il vessillo di un Re crocifisso,
mistero di morte e di gloria:
il Signore del mondo
si spegne su un patibolo.

Straziato nelle carni,
atrocemente inchiodato,
si immola il Figlio di Dio,
vittima pura del nostro riscatto.

Colpo di lancia crudele
squarcia il tuo cuore;
fluisce sangue ed acqua: è la fonte
che ogni peccato lava.

Sangue regale imporpora
lo squallore del legno:
risplende la croce e Cristo
regna da questo trono.

Salve, croce adorabile!
Su questo altare muore
la Vita e morendo ridona
agli uomini la vita.

Salve, croce adorabile,
sola nostra speranza!
Concedi perdono ai colpevoli,
accresci nei giusti la grazia.

O Trinità beata unico Dio,
a te si elevi la lode;
custodisci nei secoli
chi dalla croce è rinato. Amen.

 

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