A LODE E GLORIA DELLA SUA GRAZIA

A LODE E GLORIA DELLA SUA GRAZIA

di Don Carlo

Tutti abbiamo bisogno di essere redenti. «Tutti abbiamo peccato e siamo privi della gloria di Dio» (Rom 3,23).
In un certo senso, le nostre mancanze ci sono necessarie. Per attirare la grazia è necessario sprofondarci nella propria miseria, nella propria povertà e nullità. Chi crede d’essere capace a qualche cosa, non giungerà mai ad esserne colmato. Se non si avverte l’indigenza che c’è in noi, non c’è il desiderio di un riscatto; non se ne sente la necessità. «Per grazia, siamo stati salvati!». Bisognerebbe averne fatto l’esperienza, essere stati letteralmente strappati, almeno una volta, a morte sicura per comprendere, fin nelle fibre più profonde che cosa voglia dire essere “salvati”.

San Paolo insegna che con il Battesimo il Padre celeste ci unisce al Figlio, ci incorpora a lui, ci dà lo Spirito Santo, ci trasmette in sostanza, per mezzo di Gesù, la vita divina. Anche nella Confessione, ci si ritrova «immacolati», non in forza delle possibilità umane naturali, ma come «creature nuove».
Creature che sono intimamente unite con Gesù, che «si sono vestite di Gesù», che traggono vita da quella di Gesù, che vivono la sua vita. È un mistero, eppure quanto è reale e potente…Da soli siamo nella notte. «Di notte, dice Gesù, nessuno può operare». La notte è il buio delle nostre passioni, della nostra insicurezza. Proviamo a raddoppiare il nostro amore per la Persona di Gesù, per la sua Parola.
Si era nel 1934, Thomas Merton aveva 20 anni. Era un prodotto della società del suo tempo. Era ateo, privo d’ogni amore soprannaturale. Divorava piaceri e divertimenti, ciononostante si sentiva infelice, vuoto. Spiritualmente parlando era morto. Preparò la tesi di laurea su William Blake, un poeta inglese del XVIII secolo. Sebbene fosse comunista militante, non riuscì a sottrarsi al fascino di quelle opere, del pensiero che le domina: «Il solo modo di vivere è quello di vivere in un mondo impregnato della presenza di Dio».
L’ateismo di Thomas diveniva spesso abbandono. Un orribile deserto! In fondo in fondo però, aveva accettato una grazia iniziale. Aveva cominciato con una piccola ricchezza: ogni sera recitava un’Ave Maria alla Madonna. Thomas Merton approdò alla Trappa. S’impegnò appassionatamente per la santità della sua anima.

Quando S. Paolo parla di giustificazione attraverso la legge, mediante cioè l’osservanza matematica, esteriore della Legge, la rigetta. Ci riporta in un certo senso alla Parola di Gesù. Gesù fa una denuncia contro il Fariseismo. Secondo i Farisei, condannati dal Signore, Dio è un padrone senza pietà. Pagandogli un tributo, osservando alla lettera le prescrizioni, si può soddisfare, si può essere contenti di sé. Nella vita della grazia si punta su Dio: si aspetta tutto da Lui.

L’OSCURAMENTO DELLA COSCIENZA

C’è un termometro dei nostri atti, la nostra coscienza. «È il nucleo più segreto dell’uomo, il suo sacrario» (Gaudium et spes, 18).
S. Giovanni Paolo II nel documento Reconciliatio et Paenitentia (RP) la descrive così:
– l’io più intimo dell’uomo
– il suo occhio interiore
– la capacità visiva dello Spirito
– il luogo santo, dove Dio rivela all’uomo il suo vero bene.
 
Ora, questo sacrario dell’uomo è minacciato. Ecco un grido d’allarme del Papa: «Nei sussulti a cui è soggetta la cultura del nostro tempo, viene troppo spesso aggredito, messo a prova, sconvolto, ottenebrato questo santuario interiore, cioè l’io più inti­mo dell’uomo, la sua coscienza» (RP 26).
E precisa: «Con la coscienza viene oscurato il senso di Dio, e allora, smar­rito questo punto di riferimento, si perde il senso del peccato» (RP 18).
 
Il peccato, la nostra tragedia quotidiana
«Una realtà più grande di noi! Un mistero in cui non si è mai finito di entrare e che non si è capaci né di capire né di eliminare» (Mons. Magrassi).
Portiamo addosso una legge di peccato, guai a chi non l’avverte. Il Papa, nell’enciclica sullo Spirito Santo, la chiama:
– «una radice peccaminosa»
– un «focolaio della peccaminosità»
– un fuoco che cova «che non si spegne mai»
– una «menzogna» congenita
– un «rifiuto del dono di Dio e dell’amore di Dio».
È una allergia al divino.
Inoltre portiamo addosso anche le debolezze dei fratelli, la pesantezza di un mondo impregnato di peccato, che ci ammorba.
Poi c’è il potere devastatore del male sempre operante, di Satana; chi lo ignora è un ingenuo.
 
Che cosa fare?
S. Giovanni Paolo II, nella «Reconciliatio et Paenitentia» ha detto: «Primo frutto della coscienza è chiamare il bene e il male col loro nome!».
Insomma, bisogna formare le coscienze! Urge aprire gli occhi e farli aprire. A tutti! Giovani e adulti, vecchi e bambini. L’umanità sta dirottando verso l’abisso.
Ha detto il Papa: «L’uomo contemporaneo vive sotto la minaccia di una eclissi della coscienza, di una deformazione, di un intorpidimento, di una ane­stesia delle coscienze» (cf RP 18).
Gesù aveva dato un avvertimento su cui si è riflettuto troppo poco: «Ba­da che la luce che è in te non si spenga! Quanto sarebbe grande la tua tene­bra!» (1£ 11,35).
Paolo, salutando per l’ultima volta i suoi cristiani, aveva detto: «Entre­ranno fra voi lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge! Perfino di mez­zo a voi sorgeranno alcuni a insegnare dottrine perverse per attirare discepo­li dietro a sé. Vigilate!» (At 20,29-31).

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