Educare: facile o difficile?

(C. De Ambrogio, Educhiamo come don Bosco)
Scrisse con umorismo uno psicologo: «Educare i ragazzi è facilissimo se si usa la pazienza di un certosino, i nervi di un astronauta e poco bisogno di sonno».
Meglio sarebbe dire:
«Educare i ragazzi è facile per chi sappia dare fiducia e
amarli veramente fino al sacrificio di sé».
Qual è il maggior ostacolo ai buoni rapporti tra educatori e ragazzi?
Ordinariamente, è ostacolo l’incapacità di amare i giovani fino al sacrificio.
I genitori spesso fanno consistere il loro amore nel procurare ai figli benessere materiale, mentre essi cercano ben altro. Essi vogliono trovare nei genitori gli amici a cui confidare i problemi personali, la guida sicura nelle difficoltà che la vita presenta loro con il crescere dell’età.
Ma il primo passo lo debbono sempre fare i genitori. È difficile che i figli riescono a farlo per primi.
Lo stesso si può dire degli educatori. Non basta, ad esempio, essere un buon insegnante per educare il ragazzo; bisogna amarlo, e dimostrargli in modo convincente il proprio affetto.
Gli adolescenti si dimostrano spesso disinteressati o addirittura irriverenti in fatto di religione. Come fare?
Un po’ è causa dell’età, un po’ della società. Un po’ è anche colpa degli educatori, che raramente sanno presentare l’autentica religione del Vangelo. I giovani respingono d’istinto una religione fatta solo di leggi, di divieti e di minacce. Ma questa non è la religione di Gesù Cristo.
Quali mete debbono additare ai giovani i genitori e gli educatori?
Anzitutto occorre aiutarli a diventare uomini maturi e responsabili, poi a convincersi che senza Dio e senza fede la vita diventa un rebus inestricabile e insostenibile. È bene guidarli a fare da se stessi tali scoperte. Per esempio, dato che si parla tanto di amore: invitarli a scoprire dove c’è amore autentico e dove non c’è. I risultati della loro indagine troveranno la conferma divina nel Vangelo ed essi cominceranno ad apprezzarlo.


