RAGAZZI CORAGGIOSI

RAGAZZI CORAGGIOSI

A giudicare da certi titoli di giornali si direbbe che tutti i nostri ragazzi siano teppisti in erba. Non è vero.
Esaminiamo l’altra faccia della medaglia. Non passa anno senza che un buon numero di loro metta a repentaglio la propria vita per salvare qualcuno dalla morte o da un grave pericolo.

Sono ragazzi di salda tempra morale, coraggiosi e sicuri nell’affrontare le situazioni più difficili.

Un’inchiesta svolta fra loro ha rivelato che sono ragazzi educati a un grande amore alla Madonna.
«Sulle ginocchia della Mamma si forma ciò che c’è di più bello al mondo» rilevava il Santo Curato d’Ars.

Gilda Pruner non aveva ancora dieci anni quando salvò tre persone da una morte orribile. Erano passate le otto di sera quando un violentissimo temporale si abbatté sulla Valle dei Mòcheni — nel Trentino — dove a circa 1400 metri di altezza si trovava il “maso” dei Pruner. Nella rustica abitazione, dove la famiglia si trasferiva durante i mesi dell’alpeggio estivo, c’era a quell’ora la piccola Gilda con la madre e la sorellina. A un tratto il maso fu colpito da un fulmine e il fuoco – data la presenza del fieno e delle stalle – cominciò a propagarsi rapidamente. In preda alla più viva agitazione, la madre di Gilda urlò alle figliolette di correre al riparo presso un maso vicino, mentre cercava di mettere in salvo il bestiame.
Gilda corse verso il maso della signora Leopolda Paoli, 70 anni, che era in casa con la figlia di 31 anni, minorata di mente, e con la nipotina Agnese di tre anni. Percorsi con il cuore in gola i circa 150 metri che separavano i due masi, Gilda si trovò di fronte a uno spettacolo terrificante: anche il maso della vecchia signora Leopolda bruciava. Fu poi accertato che lo stesso fulmine, attraverso una linea elettrica, si era scaricato sulle due abitazioni.
Con il muggìo delle bestie, arrivarono dalla stalla anche grida umane. «C’è qualcuno lì dentro?» gridò la bambina. «Zaiber en drai, i, de Lina ont z’ohin Agnese (siamo in tre, io, la Lina e la piccola Agnese)» fu la risposta, nel dialetto tedesco dei mòcheni.
Erano in trappola. Il fulmine aveva fuso il chiavistello della porta esterna della stalla, che non s’apriva più. Anche il passaggio interno che immetteva nel fienile era bloccato dal fuoco.
Gilda prese a calci la porta, ma non servì a niente. Alla luce dei lampi s’accorse che le traverse che tenevano insieme le assi della porta erano parzialmente schiodate dalla violenza del fulmine. Le balenò un’idea: se fosse riuscita a schiodarle del tutto avrebbe potuto aprire un varco per le tre persone che erano dentro.
Si guardò intorno, trovò solo una grossa pietra. La tirò su e si avventò contro le assi della porta. Reggeva a stento la pietra; intorno a lei tizzoni ardenti cadevano dal tetto.
«È difficile credere che le forze di una bambina di dieci anni siano riuscite a tanto» disse poi un funzionario incaricato dell’inchiesta. «Per di più da un momento all’altro la piccola poteva essere travolta dalla caduta del tetto in fiamme».
Gilda ce la fece. Attraverso il varco aperto nelle assi le tre prigioniere riuscirono a passare: il tetto crollò subito dopo. Quando le fu chiesto che cosa avesse provato in quei minuti, la piccola Gilda rispose: «Tanta paura e l’aiuto della Madonna».
Per questo suo atto di coraggio Gilda ha ricevuto non solo la medaglia di bronzo al valor civile, ma è stata anche premiata con la “Stella della Bontà”. Questa distinzione onorifica, che si continua ancor oggi nel “Premio della Notte di Natale”, fu istituita nel 1934 dall’industriale Angelo Motta. Il premio viene assegnato tutti gli anni a Natale come «riconoscimento di un atto umanitario che, superando il normale e il consueto, si elevi a poesia per il suo profondo e singolare contenuto di sacrificio e di bontà».

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